Sintesi della Conferenza tenuta dalla prof.ssa Chiara Vigini il 16 maggio 2016, (*)
MOMIANO | Esistono luoghi che attraversano il tempo e conservano nel respiro caldo delle pietre i frammenti vivi di un passato ormai lontano. Il castello di Momiano è uno di questi, un gioiello immerso nella quiete che da secoli osserva il fluire della storia. Durante un recente evento la prof.ssa Chiara Vigini ne ha svelato nuovi segreti per riscoprire questo luogo da amare e valorizzare, per non dimenticare le nostre radici e la nostra storia. Si è trattato del quinto incontro nella Comunità degli Italiani locale in occasione del secondo ciclo di conferenze sul castello di Momiano.
Tema proposto, “Le chiesette rurali del Momianese”. A fare gli onori di casa l’archeologa buiese Tanja Suflaj, curatrice del Museo etnografico dell’UPA di Buie, la quale ha ringraziato in particolar modo la Regione Istriana per il supporto finanziario in questo progetto. Presenti anche la vicepresidente della Regione Istriana, Giuseppina Rajko, il capodipartimento per la cultura della Regione Istriana, Vladimir Torbica, il sindaco di Buie, Edi Andreašić, il vicesindaco di Buie nonché presidente della CI di Momiano, Arianna Brajko e Valter Bassanese, direttore della Pro loco buiese.
Piccoli edifici sacri ricchi di storia
È stata un’interessante conferenza sulle chiese rurali e sulle devozioni del Momianese a cura appunto della prof.ssa Chiara Vigini, docente della Scuola media “Dante Alighieri” di Trieste. La relatrice ha ripercorso la storia e le curiosità relative ai piccoli edifici sacri ricchi di storia, tradizioni e arte popolare di buon livello del luogo. Nel corso della conferenza, impreziosita dalla proiezione di immagini, sono emersi alcuni particolari molto interessanti e spesso sconosciuti anche ai presenti in sala.
Nella zona di Momiano si trovano tanti altari dedicati a San Rocco, perché era il Santo che si invocava quando c’era la peste o altre epidemie. Riconoscere San Rocco non è difficile in quanto l’immagine mostra un cane che gli porge una pagnotta di pane ed egli indica una ferita all’inguine in segno di guarigione dalla peste. Veste un mantello decorato da una conchiglia e tiene in mano un bastone, simbolo dei pellegrini, che arrivando da Santiago de Compostela (Spagna), dopo un lungo pellegrinaggio vedevano finalmente l’oceano e le conchiglie e si decoravano con esse. Un’usanza in voga ancora oggi, in quanto i percorsi di Santiago de Compostela sono ritornati a essere nuovamente frequentati. San Rocco è un Santo popolare in Istria e le chiese e gli altari dedicati a lui sono tanti.
La chiesa di Santa Caterina, situata ai bordi del paese, ha un tettuccio molto particolare ed è una chiesa cimiteriale. Vicino ad essa c’è il cimitero del paese di Oscurus. Il timpano ricorda un po’ la chiesa di San Rocco di Momiano perché, come anche oggi, Oscurus era una frazione di Momiano e quando si costruivano le chiesette si teneva conto di quella di provenienza. All’interno si trova la statua di Santa Caterina di Alessandria, una santa molto antica, martire del IV secolo. La presenza della nicchia conferma l’età dell’impianto, si parla del 1200-1300.
Rimanendo a Oscurus, si effettua una visita virtuale anche alla chiesa di San Giorgio, che ha due campane e davanti un piccolo portico sorretto da quattro piccoli pilastri a sezione quadrata. Sulla facciata spicca il campanile a vela. È stata restaurata nel 1991. San Giorgio è un Santo molto celebrato in Istria, in quanto la sua lotta contro il drago rappresenta la lotta contro il male, un fatto che fa parte di tutte le epoche e di tutte le persone. Attorno a lui troviamo delle Sante: s’intravede Veronica con in mano il sudario con il volto di Cristo, poi Santa Margherita con la corona in testa e sotto due Santi Vescovi.
Santa Maria Maddalena di Briz è una chiesetta rurale con il tipico campaniletto a vela e due campane. Davanti alla chiesetta, fino al 25 luglio dell’anno scorso, c’era un bellissimo rovere che è stato abbattuto dal maltempo. Trattandosi di un rovere enorme, cadendo ha rovinato alcune lapidi del cimitero.
Chiesette simili nella costruzione
Da notare che tutte le chiesette sono simili nella costruzione: aula unica (un solo spazio), con delle finestre sul muro di destra, che abitualmente è il muro che guarda a sud, la parte più calda da dove entra la luce, in quanto queste chiesette hanno il muro di fondo che guarda a oriente. Questa un’antica tradizione, in quanto si aspetta e ci si volge a Cristo, che è il sole nascente. Un altro particolare sono le finestre strombate, cioè l’apertura è più chiusa al di fuori e di dentro sono oblique, con lo scopo di non far uscire il caldo ma far entrare allo stesso tempo più luce possibile. A ovest, invece, il muro è senza aperture per proteggersi dal vento e dal freddo. Per lo più queste chiese sono costruite in pietra bianca d’Istria, ma ancora più spesso in pietra arenaria mentre la pietra bianca d’Istria serve per contornare le porte e altre aperture.
Spostandoci a Berda troviamo la chiesa di San Filippo Giacomo, di cui la doppia intitolazione è abbastanza recente. Viene inserita tra le chiese del 1580, ma diventata subito dopo parrocchia autonoma, in quanto gli abitanti di quell’alto borgo dovevano essere benestanti per poter mantenere un parroco, poiché questi era mantenuto dalla comunità. Il campanile alto 16 m, a forma di torre con terminazione merlata, risale agli anni 1924-25. All’interno è un po’ particolare in quanto interamente dipinta, affrescata. In fondo sull’altare i Santi Filippo e Giacomo, una nicchia con la Madonna di Lourdes, il pavimento a riquadri bianchi e neri e un’abside visibile anche dall’esterno.
San Moro (San Mauro), è una chiesa un po’ particolare, abbastanza vicina alla cittadina di Momiano. È una chiesa molto antica. All’epoca era una specie di santuario, cioè una chiesa in cui si andava in determinati momenti. Contiene un’immagine della Madonna che la storia narra facesse miracoli. Un giorno, si dice, gli abitanti portarono la statua nella chiesa di San Martino a Momiano, ma la mattina dopo la ritrovarono nella chiesa di San Moro. È stata rifatta interamente dagli abitanti che hanno offerto, oltre al materiale, anche la manovalanza.
Bella all’interno, ma anche all’esterno, la chiesetta di San Giovanni, soprattutto dal punto di vista ambientale, in quanto situata in un punto molto pacifico con una vista sul golfo, in stile neoclassico con un campanile e una finestra a semicerchio tipica del ‘700. Ha un portichetto davanti molto grande, con otto colonne appoggiate a nord della chiesa. Una delle tombe più antiche è della fine dell’‘800. Sul pavimento c’è una lapide che ricorda un sacerdote in quanto vi è raffigurato un calice.
Quindi, passando dalla chiesetta di Santa Lucia e San Sebastiano, si arriva a quella di San Pietro Sorbara. Costruita nel XIV secolo, con pregevoli affreschi e graffiti glagolitici del XV secolo, che fra quelle nominate è la più importante. Non a caso situata su una collinetta, posizionata in un posto dove la gente poteva arrivare da tante parti, in quanto l’ubicazione non era una cosa casuale, bensì qualcosa di ben ragionato e studiato. L’intitolazione dà intendere che si tratti di una chiesa molto antica, come pure il suo interno. Anche in questo caso, intorno c’è il cimitero. Con un campaniletto a vela semplice, un occhio in facciata con contorno di pietre bianche di calcare, è costruita con pietre sottili legate con poca malta. Dietro l’altare si trova una vera e propria abside, che è inscritta nel muro di fondo. Ciò significa che il muro esterno è dritto, mentre quello interno è incavo. L’abside interna è tutta affrescata, sulla destra s’intravede un pezzo di ala, il Risorto con la ferita sul costato, che nella mano sinistra tiene un libro e con la destra benedice. Una chiesa suggestiva che fa venire voglia di scoprirla. La preziosità di questi affreschi è data dal fatto che è molto usato il colore blu. Poiché la produzione del colore blu era costosa, in quanto difficile da realizzare tante volte, lo facevano arrivare anche da molto lontano. Qui si vede un largo uso di questo colore, e ciò indica che era una chiesa ricca. Molto probabilmente era la chiesa principale dalla quale poi nacquero tante altre nei dintorni. Una pieve (antenata delle parrocchie) in cui per prima venivano battezzate le persone e seppelliti i morti, cosa non da poco in quell’epoca.
Chiara Vigini si è soffermata in modo particolare sull’immagine di San Marco, che ha per simbolo un leone con la lingua all’infuori per sottolineare l’importanza della parola.
“Voglio mettere l’accento sull’importanza del dire, del parlare, del raccontare, del portare avanti le tradizioni. Credo sia una cosa molto importante. Noi siamo abituati oggi a fare tante cose, a correre costantemente, e tante volte ci perdiamo un po’ e dimentichiamo l’essenziale, le nostre tradizioni. Credo sia importante mantenere quello che c’è e rinnovarlo. È bello preservare il fuoco e non adorare le ceneri. Non siamo qui per fare memoria, ma per mantenere la passione verso le nostre tradizioni”, ha precisato la relatrice.
Necessari interventi di restauro
Al termine dell’incontro, i presenti hanno avuto modo di visitare la chiesetta di San Moro, e fare un brindisi ammirando il panorama circostante. Salvaguardare dal degrado il Castello di Momiano: gioiello immerso nella quiete, che da secoli osserva il fluire della storia. È questo il senso dei cicli di conferenze che si tengono in Istria, allo scopo di mantenere viva l’attenzione di tutti gli interessati e di sollecitare i necessari interventi di restauro.
(*) Pubblicata da LA VOCE DEL POPOLO on-lne il 30.5.2016 con il titolo: Preservare la memoria per non dimenticare, a firma di Erika Barnaba)