Il secondo appuntamento del ciclo di conferenze “Il castello Rota a Momiano”, svoltosi venerdì 2 marzo 2018 nella tradizionale sede della Comunità degli Italiani, ha visto come relatore l’esperto musicologo dott. David Di Paoli Paulovich sul tema “Momiano: una tradizione musicale, rituale da riscoprire e valorizzare”.
Il folclore e la tradizione rituale-musicale dell’area di Momiano e del suo circondario sono stati al centro della serata, con l’ascolto di una selezione di materiali inediti provenienti dall’archivio privato, relativi alle melodie a una o più voci, con o senza accompagnamento strumentale. Trattate pure le tradizioni religiose e musicali dell’anno liturgico nelle celebrazioni ordinarie e nei periodi di Natale, Quaresima, Settimana Santa, dell’ufficio dei defunti, della devozione mariana e delle processioni. Presenti tra il pubblico in sala la vicepresidente della Regione Istriana Giuseppina Rajko, l’assessore regionale alla cultura Vladimir Torbica, il sindaco di Buie Fabrizio Vižintin, Lorella Limoncin Toth – soprintendente dei beni culturali per l’Istria – e la f.f. di direttore dell’Università Popolare Aperta di Buie, Tanja Šuflaj, che ha introdotto la serata.
Momiano, ha spiegato il dott. Di Paoli, seppe conservare nei secoli una ritualità ricca di tradizione musicale come tutti i centri dell’alto buiese, favorita da un certo isolamento della comunità la cui vita era cadenzata dal rituale immutato dell’alternarsi delle stagioni nel calendario agricolo e liturgico cattolico romano, La profonda e radicata religiosità di Momiano è attestata anzitutto dalle sue chiese: San Pietro, San Rocco, San Nicolò, San Marco e la parrocchiale intitolata a San Martino. Anche nel suo castello, ora diroccato, vi era un luogo di culto dedicato a Santo Stefano protomartire, di cui ora si conserva una statua nella chiesa parrocchiale.
Una ricca tradizione musicale
È tra il finire dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento che si raccolgono gli esempi più interessanti del folclore musicale istro-quarnerino, con il rovignese Antonio Ive (1851-1937), il glottologo istriano Matteo Giulio Bartoli (1873-1946), di Albona e il triestino Jacopo Cavalli (1839-1919). Di rilevanza risulta anche l’impegno profuso nella ricerca dal capodistriano Giuseppe Vidossi (1878-1969), che nel 1901 pubblicò alcune filastrocche nell’Archivio per lo studio delle tradizioni popolari del Pitrè e nel 1910 in “Pagine istriane” i testi di 25 villotte istriane.
In questo quadro di fervida opera Momiano non viene dimenticata. Negli anni Venti emerge l’opera di Francesco Babudri (1879-1963), che pubblica un saggio sulla rivista “Il folclore istriano” (1935), intitolato “Villotte amorose raccolte in Istria”. Anche il goriziano Ranieri Mario Cossar, vissuto a lungo in Istria, nei suoi numerosi saggi dedicati alle tradizioni popolari istriane tratta Momiano per la prima volta in maniera autonoma, dando alla luce due pregevoli contributi nell’Archivio per la raccolta e lo studio delle tradizioni popolari italiane sui giochi e sulle tradizioni popolari.
I cantori di don Antonio Prodan
“È poi Giuseppe Radole a lasciarci un nuovo contributo sul folclore musicale di Momiano. Negli anni Sessanta trascrive, infatti, le registrazioni effettuate dal parroco di Momiano Antonio Prodan, della messa patriarchina di Momiano, l’ultima in tutta l’Istria a esser cantata con le melodie patriarchine in polifonia naturale e a voci virili, e sino alla fine degli anni Sessanta”, racconta David Di Paoli Paulovich, continuando: ”Fortunatamente don Antonio Prodan, autentico istriano di lingua croata, nativo di Caldier, a differenza di altri parroci istriani, ha la sensibilità di trovarsi di fronte a un’eredità preziosissima e antichissima, che non ha nazione: con uno dei primi magnetofoni negli anni Sessanta, come meglio gli riesce, registra i suoi anziani cantori della Chiesa parrocchiale di San Martino, i quali con le soli voci virili polifonizzavano tutte le messe cantate e le altre liturgie officiate nella sua piccola parrocchia. Il gruppo dei cantori sarà poi falcidiato dall’esodo e dal mancato ricambio generazionale. La mancanza di una classe di intellettuali istriani in quegli anni del dopoguerra in cui le migliori forze erano esodate, preparati a cogliere l’importanza e l’eccezionalità di questa persistenza tenace di un repertorio antico e unico, non fa altro che condurre all’oblio ciò che oggi sarebbe motivo di gran vanto per la comunità di Momiano”.
A Momiano, l’arte del canto sacro era praticata da una ristretta cerchia di cantori, ultimi eredi probabilmente di vecchie consuetudini legate all’espressione del mondo confraternale. Vi si eresse a fine Ottocento, nel 1896, anche un organo a canne: ne fu incaricato della costruzione Angelo Dolzan, nativo di Trieste.
Il calendario dell’anno prevedeva le consuete festività di quello cattolico romano, osservate come altrove in Istria e impreziosite da consuetudini proprie della comunità di Momiano. La Messa cantata era consuetamente preceduta da una messa mattutina bassa o letta, cui partecipavano le donne, occupate con altre mansioni nelle ore più tarde della mattinata domenicale. Al termine della S. Messa, cantata dal coro virile, era consuetudine un concerto dell’orchestra di fiati, costituita nel 1864, che eseguiva i motivi più in voga nell’Istria di quel tempo.
Le altre festività o solennità a Momiano si susseguivano lungo tutti i mesi dell’anno.
Le usanze delle festività
Il Capodanno prevedevano la S. Messa e il canto pomeridiano dei vesperi con il canto del Veni creator nel tono patriarchino. In quest’occasione, i bambini andavano ad augurare il buon inizio per ricevere la “bona man”, ossia crostoli, nocciole, mandorle, noci, mentre cantavano in coro di casa in casa una lauda per l’occasione. Per l’Epifania (6 gennaio), la liturgia prevedeva la S. Messa cantata, il canto dei Vesperi nei toni patriarchini e la benedizione dell’acqua.Era poi usanza il canto della lauda epifanica “Noi siamo i tre re”. Secondo un costume osservato dalla Lombardia sino al Quarnero, i paesani sostavano per le vie del borgo davanti alle case intonando la lauda.
Il giorno di San Valentino (14 febbraio), era usanza di molti ricevere la Comunione per allontanare i malanni del corpo.
La Settimana Santa, centro dell’anno liturgico, riproponeva i tradizionali riti della Chiesa. Si apriva con la domenica delle Palme, caratterizzata dalla benedizione dei rami d’ulivo, dalla processione esterna e dal canto della Passione o Passio, interpretato a più voci virili nella parte della turba da parte dei cantori di San Martino, secondo un tono tradizionale. Il lunedì dell’Angelo (Pasquetta) era tradizione il ballo all’aperto a Cremegne. Il 23 aprile a Oscurus si celebrava il patrono San Giorgio. Nel giorno di San Marco (25 aprile), ancora nel Seicento, la gioventù di Momiano soleva recarsi sul Monte Cigarella a cogliere il lauro. Il calendario prevedeva poi le feste dell’Ascensione, della Pentecoste e del Corpus Domini. Il lunedì di Pentecoste era invece tradizione un pellegrinaggio alla Chiesa di San Mauro. Per il Corpus Domini si svolgeva la consueta processione per le vie del paese, accompagnata anche dalla banda.
Il 23 giugno era festa a Merischie, per San Giovanni. Nella vigilia di tale giorno era usanza accatastare in spazi larghi, sarmenti, rovi e rami secchi e accendere un falò in onore del Santo per proteggere le campagne dagli strighi. Il 25 luglio, i berdolini festeggiavano San Giacomo Apostolo. Era gran festa per l’Assunzione della Beata Vergine Maria (15 agosto). Dopo la messa cantata si svolgeva la tombola in piazza. L’8 settembre, la Natività di Maria Santissima si festeggiava a San Mauro con la celebrazione di una messa cantata. La liturgia dei defunti non prevedeva eccezioni a Momiano.
La festa del patrono: a novembre cadeva anche S. Martino, il patrono di Momiano (11 novembre). Momiano festeggiava con grande solennità il suo patrono e nella cittadina, in tale giornata, accorrevano numerose le genti dai paesi vicini. I bambini intonavano nel mezzo dei loro giochi sovente una scherzosa canzoncina in onore del Santo: “San Martin /El va sui copi /El trova i veri roti /El se rompi el naso /El se metti un bullettin /Viva viva San Martin”. La messa nel giorno di San Martino era celebrata nel Seicento dal vescovo Tommasini. Il 21 novembre ricorreva la Madonna della Salute. Per l’Immacolata Concezione (8 dicembre), la messa era celebrata non nella chiesa parrocchiale, ma a S. Mauro. Il 13 dicembre si festeggiava Santa Lucia, patrona delle località di Sorbar, Marussi, Tarcussi, Lalovich, Palischi, Saini e Cernaz.
La festa di Natale conservava ritualità e musiche del repertorio ancora laudistico post-tridentino.
Di Paoli Paulovich ha concluso: “I repertori musicali di Momiano denotano una vivacità culturale ricca e diversificata, che partendo dagli albori aquileiesi tocca profondamente gli aspetti folcloristici popolari, riunendo un repertorio dai tratti originali, il quale, soprattutto riferendosi agli aspetti musicali sacri (canto patriarchino) e profani (canto popolare), consentiva il formarsi nei secoli di una propria sensibilità musicale.
Lo studio dei repertori di Momiano non può esimerci da una considerazione finale: come una serie di precise concause (globalizzazione, esodo, riforma della liturgia e delle condizioni lavorative, innesto di nuove popolazioni) abbiano condotto alla crisi e alla successiva cancellazione della parte calendariale – folclorica – liturgica e musicale dell’identità di una comunità rurale, quella di Momiano, che conservava molti dei tratti dell’indole e della cultura istro-veneta: possa essere questo il secolo di una nuova riscoperta dell’identità autentica di questo splendido paese istriano, nei suoi fondamenti di cultura vera e non nelle tradizioni puramente materiali”.
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Estratto del testo pubblicato nell’edizione on-line de La Voce del Popolo